Giorni veramente intensi si sono susseguiti all’ICS di Tokyo, ricchi di tanti spunti e prospettive emersi dai numerosissimi abstract e poster session che sono stati presentati in ambito di ricerca.
La Cistite Interstiziale, nell’interezza delle patologie urologiche trattate, non è stato un argomento a latere ma ha avuto un ruolo importante e ricorrente nella maggior parte delle presentazioni scientifiche con uno spazio esclusivamente dedicato in due workshop. Non si è parlato di cure farmacologiche per la Cistite Interstiziale, l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata eminentemente sulla eziopatogenesi, sulla ricerca di base e su strategie multimodali che comprendono il totale inquadramento clinico non solo vescicale ma nella sua interezza con un approccio “olistico” senza dimenticare quello biologico e quello psicologico. Hanno portato la loro testimonianza due “special guest”, il presidente della Japan IC Group e della Taiwan IC Association.
La Cistite Interstiziale non è più considerata una malattia d’organo ma piuttosto una malattia sistemica. Molte presentazioni sono state fatte su studi legati al funzionamento dell’ urotelio e dell’epitelio vescicale, aprendo anche qui nuove prospettive per la ricerca. Studi e ricerche su markers per individuare la Cistite Interstiziale sono stati presentati in diverse sessioni, che insieme a quelle sul riflesso algico, sull’innervazione e sul funzionamento dell’epitelio possono davvero aprire nuovi capitoli sulla cura di questa patologia. E’ stata posta l’attenzione sull’avanzamento delle informazioni su possibili biomarker dell’urotelio e sono stati presentati molti lavori sullo studio di questo ultimo strato che ricopre la vescica, sulle connessioni dell’espressione mRNA (Cx) e sui potenziali canali del recettore transizionale (TRP) che lo compongono. I risultati hanno dimostrato che l’incremento di Cx e TRP nell’urotelio hanno un potenziale sviluppo per nuovi biomarkers, significativi per la diagnosi e per interventi terapeutici più efficaci per i pazienti.
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Tokyo diretti dal famoso Dr. Y. Homma ha approfondito i potenziali recettori transizionali C1 e C4 e tutte le reazioni infiammatorie pronocicettive così come le analisi immunoistochimiche nei pazienti con lesioni di Hunner dimostrando che i recettori TRCP1 e TRCP4 hanno un ruolo nella patogenesi della Cistite Interstiziale.
Un’altra interessante esperienza è stata presentata dal Prof. Chris Payne dell’Università della California il quale dimostra che la Cistite ulcerativa con lesioni di Hunner è una entità diversa da quella senza lesioni e propone un approccio oncologico per la Cistite Interstiziale ulcerativa per una completa remissione della malattia. I due gruppi differenti di pazienti hanno una prognosi differente e rispondono differentemente ai vari trattamenti. Molta importanza sta assumendo il concetto di “fenotipo”, cioè l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali che accomunano gruppi di pazienti, per la classificazione di diversi tipi di Cistite Interstiziale. Questa differenziazione può dare nuova spinta alla ricerca. Una conclusione a cui stanno arrivando molti ricercatori, infatti, è che chi ha la Cistite Interstiziale ulcerativa con lesioni di Hunner abbia una patologia diversa rispetto alla Cistite Interstiziale senza lesioni di Hunner e che questa patologia andrebbe trattata come una malattia a se. Purtroppo negli ultimi venticinque anni è stata fatta molta confusione con la nomenclatura, così come ha creato confusione il raggruppamento del dolore pelvico cronico sotto un unico cappello. Le due condizioni di Cistite Interstiziale, ossia con lesioni di Hunner e senza lesioni di Hunner, sono state sempre studiate insieme e questo ha contaminato i risultati soprattutto nella scienza di base e nella ricerca clinica. Per questo motivo gli asiatici, soprattutto i ricercatori delle due importanti Università del Giappone e della Corea, dividono la Cistite Interstiziale in 3 categorie principali: Con lesioni di Hunner, senza lesioni di Hunner e Vescica Ipersensibile. Anche i ricercatori occidentali si stanno orientando questa ipotesi, fatto che potrebbe aprire nuovi orizzonti di ricerca.
E’ stato affrontato anche il ruolo degli ormoni nelle malattie vescicali, insieme a quello dei ceppi batterici e la loro capacità di resistenza agli antibiotici nelle infezioni urinarie. Una ricerca, in particolare, che ha basato il proprio lavoro su una bio-banca di campioni di urine di donne con cistiti ricorrenti, ha rivelato che la vescica non è un ambiente sterile, ma un “urinobioment” dove convivono ceppi di batteri aggressivi e di batteri funzionali.
A Tokyo sono stati presentati anche gli attesissimi risultati sull’utilizzo terapeutico delle cellule staminali mesenchimali (MSC) nelle vesciche con caratteristiche di minzione irregolare e frequente, urotelio denudato da lesioni di Hunner, aumento dell’infiammazione e infiltrazione di mast cellule. Seppur condotti ancora su modello animale sembrerebbe che le potenzialità di una sola iniezione di MSC abbia migliorato significativamente i parametri iniziali riparando i disturbi minzionali, rigenerando l’urotelio denudato e stabilizzando l’infiltrazione delle mast cellule. Gli asiatici, in particolare il Giappone e la Corea, si riferiscono alla Cistite Interstiziale come Vescica Ipersensitiva e non come Bladder Pain Syndrome, perché la malattia porterebbe ad una indubbia alterazione della sensibilizzazione centrale.
La 6th edizione dell’ICI, autorità mondiale che si riunisce ogni 4 anni, ha presentato in congiunzione con l’ICS, le linee guida sulla Cistite Interstiziale e sul Dolore Pelvico Cronico a cui tutti i ricercatori e tutti i continenti saranno tenuti a recepire. Tra il board un italiano, il Prof. Mauro Cervigni.
La Cistite Interstiziale è oggi una patologia riconosciuta ad alta complessità ma che può essere gestita bene grazie alle nuove terapie e ad un approccio multimodale che non dimentichi tutte le disfunzioni muscolari che la malattia comporta. Ai medici presenti nelle aule è stato anche ribadito più volte quanto sia importante acquisire competenze specifiche così come instaurare un rapporto di fiducia e una buona comunicazione tra paziente e medico e come sia fondamentale preoccuparsi anche della qualità di vita di questi pazienti.